Japan. De Lucchi and Fukasawa at the Italian Cultural Institute of Tokyo.
Il tema dell’artigianato è di grande attualità. Fare le cose a mano, con perizia e qualità, è diventata sempre più una sfida di bravura tra l’uomo e la macchina, soprattutto oggi che è possibile produrre oggetti con strumenti che modellano tridimensionalmente con rapidità e precisione. Ma c’è differenza tra le cose fatte a macchina e le cose fatte a mano? Non è solamente nostalgia dei tempi passati, snobismo da annoiati intellettuali? Dopotutto le macchine le abbiamo create noi e le facciamo girare noi, sono anch’esse figlie della genialità umana. Inoltre le macchine producono in quantità, a basso costo e per tutti.
Non è una domanda oziosa. La civiltà delle macchine sa darci tanti vantaggi ma rischia anche di alienarci in una dimensione standardizzata che squalifica la personalità individuale. Dall’altra parte la sola dimensione artigianale non premetterebbe di beneficiare del benessere in cui viviamo in gran parte del mondo e non ci farebbe godere dei vantaggi della tecnologia, come quelli applicabili al mondo della medicina o delle telecomunicazioni, per citarne alcuni.
Ma la grande qualità del mondo artigianale è la dimensione umana. Ricominciare daccapo ogni volta che si inizia a fare qualcosa con le mani è una occasione straordinaria che ci mette di fronte a noi stessi, alle nostre capacità, al nostro talento e alla nostra creatività. Ne abbiamo bisogno, sempre più urgentemente. Gli automatismi sono efficienti e sicuri ma atrofizzano, rendendoci incapaci di reagire alle più piccole difficoltà.
Michele De Lucchi